Celle solari bifacciali: come funzionano
Per la prima volta un gruppo di ricercatori Empa ha sviluppato un processo di produzione a bassa temperatura del fotovoltaico sottile in CIGS in grado di spalancare le porte al design bifacciale. Andiamo a scoprire di cosa si tratta.

Fotovoltaico bifacciale: le ultime novità

Per capire il problema è necessario compiere qualche passo indietro.
Affinché una cella fotovoltaica bifacciale sia in grado di raccogliere la luce solare riflessa sul lato posteriore, è necessario introdurre nell’architettura un contatto elettrico otticamente trasparente. Ciò si ottiene utilizzando un ossido conduttivo trasparente che sostituisce il contatto posteriore opaco in molibdeno del fotovoltaico convenzionale.
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Celle solari bifacciali: quali sono i limiti e come risolverli

A superare l’ostacolo è oggi un gruppo di ricercatori degli EMPA, i Laboratori federali svizzeri per la scienza e la tecnologia dei materiali. Gli scienziati hanno messo punto un processo a bassa temperatura in grado di ridurre la produzione di ossido di gallio. Il segreto consiste nell’ impiegare una piccola quantità di argento per abbassare il punto di fusione della lega CIGS ma ottenere comunque strati assorbenti con buone proprietà elettroniche. I test effettuati sulla cella hanno mostrato efficienze record del 19,8% per l’illuminazione anteriore e del 10,9% per l’illuminazione posteriore. Non evidenziando alcuna formazione di ossido di gallio. I valori sono stati certificati in maniera indipendente dal Fraunhofer Institute for Solar Energy System. Il team si è spinto anche oltre creando una cella solare bifacciale tandem in CIGS e perovskite e oggi punta a efficienze sopra il 33%.