Cop 27: cos’è e come funziona il meccanismo di “Loss and damage”
L’espressione “Loss and damage” è tornata in auge in questi giorni per via della Cop27. Ma di cosa stiamo parlando? Si tratta di un meccanismo focalizzato sui danni causati dalla crisi climatica ai paesi più vulnerabili di cui dovrebbero farsi carico i paesi più ricchi, individuati come principali colpevoli del cambiamento climatico. Vediamo insieme nel dettaglio.
Si sta parlando molto in queste ore del “Loss and damage”, ma di cosa si tratta? L’argomento ha rappresentato uno dei più importanti temi di questa Cop 27 e riguarda i danni causati dal cambiamento climatico sui paesi più vulnerabili.
Purtroppo, la bozza di documento finale della Cop27 di Sharm el-Sheikh, pubblicata nella notte scorsa, “riconosce la crescente urgenza di affrontare le perdite e di danni del riscaldamento globale”, ma lascia ancora vuoto il paragrafo sul come finanziare i ristori.
Nonostante ciò, il termine della Conferenza è stato rinviato fino a domani, pertanto l’accordo sul tema potrebbe essere raggiunto nelle prossime ore.
Loss and Damage: di cosa si tratta
Loss and Damage, ossia perdite e danni, riguarda le conseguenze fisiche ed economiche che i paesi più vulnerabili subiscono a causa della crisi climatica, i cui colpevoli sono riconosciuti nei paesi più ricchi e occidentali, a cui viene attribuita la responsabilità storica, morale e finanziaria di pagare i danni che i paesi del sud del mondo stanno subendo.
Nel corso della Cop 27, per la prima volta la maggior parte dei paesi si sono trovati d’accordo sul voler discutere di un eventuale finanziamento del meccanismo all’interno dell’agenda ufficiale.
La lotta dei paesi più vulnerabili
A contribuire su questo passo avanti è stata in particolar modo Mia Mottley, premier delle Barbados, che si è fatta portavoce delle rivendicazioni di tutti i paesi più vulnerabili, che quest’anno hanno deciso di presentarsi come un fronte compatto al fine di far valere le proprie istanze.
In questi anni, alcuni paesi hanno deciso di risarcire autonomamente i danni climatici, come la Scozia, i Paesi Bassi e la Nuova Zelanda, ma si tratta i paesi troppo piccoli e marginali per influenzare l’economia mondiale.