Deep sea mining: lo stop in Canada
Il Canada frena sulle miniere a mare aperto. L’annuncio durante l’apertura dei lavori del 5° Congresso internazionale sulle aree marine protette (IMPAC5), che si tiene proprio in Canada. Andiamo a scoprire qual’è la situazione.

Deep sea mining: che impatto ha sulla biodiversità

Il Canada si unisce così a una manciata di altri paesi che vogliono più cautela sul deep sea mining: Francia, Germania e Spagna in Europa, e altri paesi affacciati sul Pacifico, dove si concentrano i depositi più promettenti, come Cile, Nuova Zelanda, Fiji e Palau. Alla richiesta, il paese nordamericano affianca i fatti. Il titolare delle Risorse Naturali, Jonathan Wilkinson, ha annunciato anche una legislazione interna che metterà al bando la possibilità di estrarre rame, litio, cobalto e altri minerali dai fondali sotto le acque territoriali canadesi.
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Jonatham Wilkinson, dichiara:
“È di fatto una moratoria fino a quando non sapremo effettivamente ciò che dobbiamo sapere per prendere decisioni sull’estrazione dei fondali marini. La posizione del Canada rispetto alle aree su cui abbiamo giurisdizione e la posizione del Canada rispetto alla questione internazionale sono esattamente le stesse”
Deep sea mining: quali sono le condizioni

È canadese una delle compagnie più lanciate nello sfruttamento dei tesori dei fondali marini, The Metals Company. Azienda di recente finita sotto i riflettori perché ha sversato in mare grandi quantità di sedimenti durante una fase di test effettuata sopra la Clarion-Clipperton Zone, il giacimento più ricco al mondo.
È in particolari formazioni rocciose sui fondali che si trova la maggior concentrazione di molti metalli critici, come il cobalto che è essenziale per le batterie al litio o il nichel che serve per molte delle tecnologie legate alle rinnovabili ma è presente anche in quasi tutti gli smartphone. O il rame, pilastro di tutte le nostre infrastrutture elettriche.