Fotovoltaico: le nuove celle solari ibride
Il silicio incontra molecole organiche trasparenti e conduttive per inaugurare una nuova strada produttiva priva di processi sottovuoto e ad alta temperatura. Stiamo parlando delle celle solari ibride che rendono più facile ed economica la produzione. Andiamo a scoprire come sono fatte.
La prima cella solare ibrida è fabbricata in condizioni ambiente da un semplice wafer di silicio, ora esistono nuovi ingredienti.
Cella solare ibrida: come è fatta?
Il nuovo ingrediente per un fotovoltaico facile da produrre, a basso costo e ad alto rendimento ha un nome complesso: poli(3,4-etilendiossitiofene) polistirene solfonato, meglio noto come PEDOT:PSS.
Stiamo parlando di un polimero conduttivo processabile in acqua e ampiamente utilizzato nel campo dell’elettronica flessibile. E grazie al lavoro dell’Università di Kyoto un giorno potrebbe rendersi indispensabile nella fabbricazione di una nuova generazione di celle solari ibride prodotte a pressione e a temperatura ambiente.
Nei laboratori dell’ateneo, infatti, un gruppo di ingegneri chimici ne ha dimostrato la fattibilità creando celle solari a eterogiunzione PEDOT:PSS/silicio.
Katsuaki Tanabe, autore principale della pubblicazione su PNAS Nexus, spiega:
“Volevamo evitare di produrre celle solari in condizioni di vuoto e con processi ad alta temperatura, che richiedono attrezzature grandi e costose e una grande quantità di tempo”
Cella solare ibrida: come funziona?
Il team di Tanabe è partito direttamente dal wafer di silicio, ossia una fetta sottile del materiale semiconduttore con un elevato grado di purezza.
Il gruppo ha tagliato il wafer a dadini ricavando pezzi quadrati da 8 mm, quindi ha rivestito la superficie di questi ultimi con PEDOT:PSS. Il rivestimento polimerico, altamente trasparente e conduttivo, funge da strato di trasporto delle lacune. Per completare le celle solari ibride, gli scienziati hanno impiegato un inchiostro d’argento superiormente e posteriormente al fine di creare gli elettrodi. Il tutto in condizioni di temperatura e pressione ambiente.
L’autore dello studio Katsuaki Tanabe afferma:
“Il nostro approccio ci ha permesso di ottenere una migliore velocità di produzione a costi inferiori e con un’efficienza di generazione di energia superiore al 10%”
Anche se per ora la percentuale di conversione luminosa appare molto bassa, la ricerca apre le porte ad un nuovo processo di produzione fotovoltaica molto efficiente.