Fotovoltaico vivente: di cosa stiamo parlando?

-
11/01/2023

Da una ricerca italo svizzera arrivano nuovi passi in avanti per il settore del biofotovoltaico grazie all’inserimento di nanotubi fluorescenti nei cianobatteri. Andiamo a scoprire di cosa si tratta.

Fotovoltaico
Si chiama biofotovoltaico o fotovoltaico vivente e rappresenta uno dei più innovativi trend di ricerca nati nel campo dell’energia solare.

Fotovoltaico vivente: cosa significa

Batteri
Alla base della tecnologia c’è l’idea di poter sfruttare gli organismi viventi come materiale per la raccolta della luce, una alternativa teoricamente più economica del silicio cristallino. Gli ultimi progressi in questo senso sono stati compiuti da un gruppo di ricercatori dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), in collaborazione con i colleghi dell’Università del Salento e della Università Sapienza di Roma. Gli scienziati sono riusciti a inserire nanotubi di carbonio all’interno di alcuni batteri fotosintetici, aumentando la loro capacità di generare elettricità quando illuminati.

Il lavoro offre diversi risultati interessanti. I nanotubi di carbonio sono una conoscenza di lunga data per i dispositivi fotovoltaici. Queste nanoparticelle ingegnerizzate possiedono un’ampia gamma di bande dirette corrispondenti allo spettro solare e un forte fotoassorbimento. Il team è riuscito a indurre l’assorbimento di nanotubi di carbonio a parete singola (SWCNT) in due tipi di cianobatteri Gram-negativi fotosintetici. Un importante progresso per il mondo delle tecnologie nanobioniche, come spiega il Politecnico di Losanna in una nota stampa, dal momento che questi microbi non possiedono meccanismi per far passare le particelle attraverso la loro parete esterna.


Leggi anche: Fotovoltaico vivente: come funziona?

I vantaggi del fotovoltaico vivente

Fotovoltaico
Per far penetrare in maniera passiva i nanotubi, gli scienziati li hanno “decorati” con proteine caricate positivamente che sono attratte dalla carica negativa della membrana esterna dei microrganismi. Il gruppo ha quindi monitorato la crescita e replicazione dei batteri rivelando come gli SWCNT vengano condivisi dalle cellule figlie.

Il professor Ardemis Boghossian, sottolinea:

“Quando i batteri si dividono, le cellule figlie ereditano i nanotubi e le proprietà dei nanotubi”

L’applicazione ha risvolti diretti anche nel settore solare, come spiega Melania Reggente, ricercatrice post-dottorato nel gruppo dell’Ardemis Boghossian:

“Quando inseriamo i nanotubi all’interno dei batteri, questi ultimi mostrano un notevole miglioramento della loro produzione di elettricità sotto illuminazione. Il nostro laboratorio sta ora lavorando sulla possibilità di utilizzare questi batteri nanobionici nel fotovoltaico vivente”.

Il professor Boghossian immagina un dispositivo biofotovoltaico basato sui cianobatteri con controllo automatico della produzione energetica e che non dipenda dall’aggiunta di particelle estranee. In termini di implementazione, la difficoltà ora sono i costi e le implicazioni ambientali del posizionamento su larga scala di nanotubi all’interno dei cianobatteri.