I batteri nello spazio risolveranno il problema della plastica?

Esistono dei batteri in grado di “mangiare” la plastica e si stanno testando nuovi sistemi per sfruttare le capacità dei microrganismi, come un bioreattore nello spazio, che potrebbe davvero essere rivoluzionario.

Plastica

I danni della plastica si conoscono e diminuirne l’uso è fondamentale, ma ancora troppo difficile. Mentre essenziale rimane che aziende e consumatori facciano la loro parte quanto possibile, la scienza studia metodi per potere smaltire l’ingente accumulo di plastica.

Basti pensare che l’ONU ha definito l’accumulo di plastica nell’ambiente una crisi planetaria e ogni anno si contano fino a ben 12 milioni di tonnellate del materiale negli oceani. Senza parlare delle microplastiche diffuse nell’ambiente e della purtroppo ancora troppa poca efficacia del riciclaggio.

Col fine di smaltire i rifiuti, SeedLabs con MIT Media Lab Space Exploration Initiative, National Renewable Energy Laboratory, Harvard Medical School e Weill Cornell Medicine, sta sperimentando un bioreattore in grado di degradare la plastica monouso in polietilene tereftalato (PET) per poi trasformarla in un materiale rispettoso dell’ambiente, attraverso l’utilizzo di un ceppo batterico.

Smaltire la plastica nello spazio grazie ai batteri

Sole, Spazio

Il sistema ideato da SeedLabs si trova ora a bordo della Stazione Spaziale Internazionale ed è previsto possa tornare sulla Terra entro dicembre 2022. Il bioreattore è stato trasportato a bordo di SpaceX CRS-26 fino alla Stazione Spaziale Internazionale per ”Comprendere gli impatti di fattori di stress unici all’interno della ISS sulle capacità di upcycling dei batteri”.

Il bioreattore che potrebbe davvero essere rivoluzionario per smaltire la plastica, spiegano gli esperti, “sfrutta” la capacità dei batteri Pseudomonas putida per trasformare i rifiuti in plastica:

Introduce il PET in un enzima specializzato, che lo scompone in composti organici, quindi utilizza un ceppo batterico bioingegnerizzato, Pseudomonas putida , per convertire questi composti in acido β-chetoadipico (BKA), un monomero di nylon ad alte prestazioni che può quindi essere Stampato in 3D in vari oggetti per la Terra e lo spazio.

Sarà dunque possibile ricreare dal nuovo materiale ottenuto oggetti quali scarpe da ginnastica, magliette, sedie, utensili in generale proprio perché il sistema riesce a degradare la plastica monouso in un nuovo materiale non solo rispettoso ma riutilizzabile.

Non solo una possibile soluzione per lo smaltimento dei rifiuti in plastica, ma la sperimentazione è utile anche per il futuro dell’esplorazione spaziale, come sottolineano da SeedLabs:

Oltre alle applicazioni per la gestione dei rifiuti sulla Terra, le versatili capacità di upcycling dei microbi offrono uno strumento promettente per il futuro dell’esplorazione spaziale. Mentre ci muoviamo verso il volo spaziale prolungato e la continua esplorazione del cosmo, il sistema open source ha il potenziale per consentire un maggiore accesso agli esperimenti e alle applicazioni di biologia sintetica nel volo spaziale che alla fine consentiranno la sostenibilità delle risorse nei viaggi spaziali.