Isotopi Stabili e Radioattivi: quali sono e utilizzi

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09/06/2021

Un isotopo è un atomo appartenente ad uno stesso elemento chimico, quindi con lo stesso numero atomico ma con un numero differente di neutroni presenti nel nucleo, che determina un diverso numero di massa atomica. Gli isotopi possono essere stabili o radioattivi e possono essere utilizzati in vari campi. Scopriamo insieme quali.

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Gli isotopi si possono suddividere in due grandi categorie: quelli stabili e quelli invece instabili o radioattivi. Bisogna però sottolineare che in realtà sono ben pochi gli isotopi che si possono ritenere completamente stabili perché quasi tutti sono potenzialmente radioattivi. La loro stabilità è data dal fatto che hanno un’emivita lunghissima in rapporto all’età della Terra.

Questo significa che per decadere impiegano talmente tanto tempo che si possono definire stabili. La stabilità degli elementi chimici è spesso influenzata da fattori di varia natura. Può infatti cambiare in seguito a fenomeni idro-geologici come nel caso dell’idrogeno e dell’ossigeno, ma anche a manipolazioni messe in atto dall’uomo. In quest’ultimo caso rientrano ad esempio gli isotopi dell’uranio.

Isotopi stabili e radioattivi: quali sono?

Gli isotopi stabili, come abbiamo già accennato, sono quegli isotopi che possono essere o meno radioattivi, ma se lo sono hanno un’emivita estremamente lunga e spesso non misurabile in rapporto alla vita della Terra. In sostanza quindi, anche quelli che vengono definiti stabili sono in realtà con molte probabilità radioattivi.

L’unica differenza è che la loro radioattività si manifesta con tempistiche assai lunghe e quindi trascurabili. Tra gli isotopi stabili più studiati troviamo l’ossigeno, il carbonio, l’idrogeno, lo zolfo e l’azoto. Bisogna però ricordare che spesso anche gli isotopi stabili vengono manipolati dall’uomo e resi radioattivi, come nel caso dell’azoto.

Isotopi radioattivi: quali sono?

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Un isotopo instabile si trasforma spontaneamente in un altro isotopo, emettendo particelle atomiche. Si parla in questo caso di decadimento radioattivo: in pratica un atomo radioattivo decade in un altro atomo, che può essere anch’esso radioattivo oppure stabile. Quando avviene il decadimento, però, la radioattività dell’isotopo si riduce. Gli isotopi più conosciuti in questo senso sono il carbonio e l’uranio, che vengono impiegati e manipolati dall’uomo ad fine di ricavare energia nucleare.

Gli isotopi dell’uranio e la radioattività

L’uranio è un metallo tossico presente in natura nelle due forme isotopiche: uranio 238 e uranio 235. Quest’ultimo è molto raro ma ha una grandissima importanza perché viene impiegato nelle centrali nucleari per produrre energia mediante il processo di fissione.

L’isotopo dell’uranio 235 è l’unico fissile che si può trovare in natura. Questo significa che tale isotopo, se bombardato da neutroni all’interno di una centrale nucleare, subisce il processo di fissione sprigionando enormi quantità di energia. Proprio perché impiegato nelle centrali nucleari e fondamentalmente separato artificialmente dall’uomo, l’uranio rappresenta un pericolo per l’uomo.

Infatti la radioattività sprigionata dalle reazioni rischia di essere davvero deleteria per il genere umano. In realtà, una centrale nucleare di per sé non è rischiosa: non inquina o per lo meno inquina molto meno delle centrali elettriche ad esempio. Il problema è che dovesse avvenire un incidente all’interno di una centrale nucleare si genererebbe uno scoppio che farebbe propagare tutte le onde radioattive nell’aria. Se colpito dalle onde radioattive, l’organismo umano rischia.

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