Moda: a quanto ammonta l’impatto ambientale del settore
Nel corso degli anni è aumentato il numero di capi prodotti e acquistati e di conseguenza ciò ha comportato un aumento dell’impatto ambientale del settore moda. Vediamo insieme quanto incide l’industria sull’ambiente e sulla società.
L‘industria tessile è una delle più impattanti dal punto di vista ambientale, soprattutto per quanto riguarda la sovrapproduzione di questo settore, aumentata di gran lunga con l’avvento del fast fashion, negli anni Duemila.
Dal 1960 al 2015 la quantità di rifiuti tessili prodotta in Italia è aumentata dell’811 per cento stando al rapporto Italia 2020 di Eurispes. Nel solo 2015, l’ultimo anno preso in esame, sono finiti in discarica abiti per 1.630 tonnellate.
Vediamo insieme i dati e le informazioni in merito al danno ambientale che questa industria comporta.
L’impatto ambientale della moda
Si stima che nel mondo ogni anno vengano prodotti 17 milioni di tonnellate di tessuti. Anche se bisogna considerare che da un lato l’acquisto è aumentato in seguito all’aumento della popolazione e del benessere, dall’altro bisogna ammette che i rifiuti tessili prodotti ogni anno raggiungono una cifra esorbitante, pari a 11 milioni di tonnellate.
Secondo le statistiche del Parlamento europeo, in Europa, si acquistano 16 chili di prodotti tessili all’anno per persona, con aumento del 40% in più per ogni individuo rispetto agli anni Novanta.
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Ciò è dovuto anche dalla minore ricerca della qualità a cui consegue anche un minor costo del singolo prodotto, incentivando a un acquisto maggiore di capi. Negli anni la durabilità dei prodotti è diminuita di almeno il 36% rispetto al passato: gli abiti che compriamo oggi durano meno di 160 utilizzi. Ma tutto questo comporta che in Europa ogni anno una persona produce 654 chili di CO2.
L’impatto sociale
Oltre all’enorme danno ambientale creato dalla sovrapproduzione della moda, non è da ignorare l’impatto sociale di questa industria. L’aumento della produzione e il mantenimento di un costo basso per il consumatore, impone che i brand risparmino sul costo della forza lavoro sia per il salario che per le condizioni lavorative.