Riscaldamento Globale: il capo dell’EPA smentisce il ruolo dell’inquinamento

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21/06/2017

Stanno facendo molto discutere, negli ultimi giorni, le dichiarazioni rilasciate dal nuovo direttore dell’EPA (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente), scelto dal presidente americano Donald Trump. Per quanto riguarda infatti il delicatissimo tema dell’ambiente e del riscaldamento globale, quanto affermato da Scott Pruitt lascia alquanto basiti, ma desta anche diverse preoccupazioni all’interno della comunità scientifica. Ci si chiede infatti a questo punto come si evolverà la questione e quali saranno i provvedimenti che saranno presi per limitare (o in questo caso non farlo) l’impatto dell’inquinamento sull’ambiente. 

Occorre fare chiarezza su alcuni punti fondamentali, perchè le dichiarazioni di Scott Pruit, nuovo capo dell’EPA per volere dell’ormai contestatissimo presidente Trump, non possono e non devono passare con troppa leggerezza.

Cosa ha affermato Scott Pruitt sul riscaldamento globale

PruittIl nuovo capo dell’EPA Scott Pruitt ha di recente affermato pubblicamente che il problema sul riscaldamento globale non sarebbe causato principalmente dalle emissioni di CO2 nell’atmosfera. A sostegno della sua (contestata quanto infondata) tesi, il direttore ha portato il fatto che ci sia una grave mancanza di consenso sul ruolo della CO2 nel determinare il riscaldamento globale: ma è davvero così?

Ricordiamo che il surriscaldamento globale è un problema di enorme portata, che deve essere affrontato con tempestività per evitare conseguenze davvero molto serie.

Pruitt, dal canto suo, non è mai stato un accanito sostenitore delle cause ambientali e anzi, ha sempre cercato di spingere dalla parte dell’innovazione e dello sviluppo industriale! In passato ha fatto causa per ben 13 volte all’EPA, proprio perchè era contrario alle sue politiche volte a proteggere l’ambiente e diminuire le emissioni nocive.

Per non fermarci ad una banale affermazione, forse conviene andare più a fondo della questione e verificare quali siano le tesi sostenute dalla comunità scientifica in merito a questo delicato argomento.

Il riscaldamento globale secondo la comunità scientifica

C’è davvero da credere a quanto affermato da Pruitt? Secondo la comunità scientifica e la NASA non esattamente: il 97% degli scienziati continua a sostenere che il riscaldamento globale sia determinato dalla presenza di CO2 e altri gas serra. L’acuirsi dell’effetto serra, come avevamo già visto nell’approfondimento dedicato, è determinato dalla presenza nell’atmosfera di questi gas ed il fatto che stia peggiorando sempre di più dipende dall’intensificarsi dell’inquinamento.

La stessa NASA ha affermato che il riscaldamento globale è strettamente collegato agli aumenti di CO2 presenti nell’atmosfera, quindi le dichiarazioni di Pruitt sembrerebbero trovare zero riscontri proprio da parte della stessa comunità scientifica americana. 

C’è da preoccuparsi?

La domanda viene spontanea: c’è da preoccuparsi di fronte a simili affermazioni? Il fatto che sia stato il capo dell’EPA a farle sicuramente non ci può lasciare indifferenti, soprattutto se consideriamo che il 2016 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello globale. Il riscaldamento globale è un problema che va affrontato senza perdite di tempo e non si possono negare le sue cause perchè si rischia di non risolverlo mai. Rimane solo da augurarsi che tali dichiarazioni trovino delle risposte altrettanto risonanti da parte della comunità scientifica, che questa non venga messa a zittire e che le misure anti inquinamento continuino ad essere considerate con estrema serietà.

Obiettivi di mitigazione del clima

Se la temperatura media della Terra oggi segna un + 0,7°C rispetto all’epoca pre industriale, gli studi hanno stabilito che per contenere l’aumento a +2°C ed evitare le gravi conseguenze di questo fattore, non più controllabili, è d’obbligo contenere la concentrazione di gas serra atmosferico al di sotto di 450 ppm (cioè parti per milione) di anidride carbonica. Se queste riduzioni non vengono attuate è perché alle spalle di tutto ci sono delle solide ragioni economiche. Esse però non tengono conto di quanto costerebbe meno oggi prevenire, piuttosto che riparare poi in futuro i danni ambientali causati. Al fine di mantenere la concentrazione di anidride carbonica, è necessario fare sforzi non indifferenti per ridurre le emissioni serra. L’imput deve venire però dai Paesi più industrializzati in primis. Nello specifico sarebbe necessario inervenire nell’ordine del 25-40 % per il 2020 e dell’90% entro il 2050. Le emissioni che si possono ancora fare, vanno valutate con attenzione, perché il carbonio emesso è già è rilevante.

Ecco un video che illustra il fenomeno della mitigazione climatica in maniera chiara.

E in Italia? Che ruolo ha il nostro paese?

Per quanto concerne il nostro Bel Paese, i dati per il 1990-2012 parlano di emissioni nazionali di anidride carbonica diminuite del -11,4%. Che prendendo in considerazione l’assorbimento di carbonio dovuta a boschi e foreste diventa un -14,3%. La media di riduzione delle emissioni però nell’ultimo quinquennio, fino al 2012 è però diminuito rispetto al 1990. Questo è dovuto al fatto che si è operato per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica (che contribuiscono all’effetto serra per l’84%). L’Italia insomma può fare di più andando ad operare anche in altri settori che contribuirebbero in modo complessivamente rilevante.

Rispetto al 1990 ecco i cambiamenti nelle emissioni in Italia:

  • +2,9% nei trasporti
  • -8% industrie energetiche, produzione e consumo
  • +8,2% nel settore residenziale e servizi
  • -36,8% nell’industria manifatturiera (per calo produttività)
  • -26,5% nei processi industriali
  • -16% nell’agricoltura, perché sono meno gli animali allevati
  • -17,5% nella gestione dei rifiuti, grazie ad una migliore raccolta differenziata

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