TEP: il recupero delle materie prime in miniera
Un processo messo a punto da ricercatori della Ohio State University, denominato trap-extract-precipitate, riesce a recuperare terre rare dal drenaggio acido delle miniere. Andiamo a scoprire di cosa si tratta.

TEP: cosa sono le miniere circolari

Strada che l’Europa, ad esempio, ha deciso di percorrere con la sua strategia sui Critical Raw Materials. Introdotta nel 2020 e perfezionata l’anno successivo, include un capitolo dedicato all’uso circolare delle risorse. E proprio in questa direzione va uno studio dell’Ohio State University pubblicato da poco sulla rivista Environmental Engineering Science.
I ricercatori dell’università americana hanno studiato un modo per prendere due piccioni con una fava: assicurare il recupero delle materie prime critiche da una delle fonti di inquinamento più complesse da gestire, ovvero il drenaggio acido delle miniere.
I siti minerari, sia quelli a cielo aperto sia quelli sotterranei, tendono a essere inondati dalle acque meteoriche o da infiltrazioni di quelle di falda. Nel processo, l’acqua si contamina con le sostanze presenti nelle miniere, diventa tipicamente un ambiente estremamente acido, e ha un impatto molto negativo sia sugli ecosistemi che sulla salute umana.
È un tipo di inquinamento che può durare per decenni e interessare aree molto vaste perché segue l’idrografia superficiale e sotterranea della regione in cui avviene. Per questo motivo, le acque di drenaggio devono passare attraverso un processo di depurazione.
TEP: la soluzione per il recupero delle materie prime

Jeff Bielicki, coautore dello studio e professore associato di ingegneria civile, ambientale presso la Ohio State University, spiega:
“Terre rare come l’ittrio, ad esempio, sono componenti necessari dell’elettronica, dei computer e di altri gadget che utilizziamo quotidianamente”
Il pregio del sistema inventato dai ricercatori americani, denominato trap-extract-precipitate (TEP), è che adotta un approccio passivo al trattamento delle acque acide, quindi non richiede l’uso di nuove sostanze chimiche, più dispendioso, e utilizza altri materiali di scarto.
Nello specifico, impiega una combinazione di sottoprodotti industriali alcalini, compresi materiali come una miscela di calce, ceneri di carbone e solfito di calcio, proveniente dal lavaggio a umido per rimuovere l’anidride solforosa dai fumi delle centrali elettriche a carbone, e i fanghi degli impianti di trattamento delle acque, per neutralizzare le acque di drenaggio e catturare le terre rare. Tra quelle che è in grado di recuperare ci sono il neodimio, il terbio e l’europio.